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10/02/2016 07:00:00

Non fecero salire il cane sull'aereo. Il Tribunale di Marsala condanna Alitalia

 A distanza di poco più di tre anni dai fatti (vigilia del Natale 2012), il Tribunale civile di Marsala ha condannato l’Alitalia a risarcire i danni a un passeggero per il negato imbarco del suo cane. Ciò nonostante l’acquisto, tramite un’agenzia di viaggi, del biglietto sia per il passeggero, che per il suo amico a quattro zampe. Il fatto è accaduto il 23 dicembre 2012 all’aeroporto di Milano Malpensa. Protagonisti della vicenda uno studente marsalese, Maurilio Favilla, e un “American Bulldog” chiamato “Cash”. Favilla e Cash si sarebbero dovuti imbarcare su un volo per Trapani-Birgi e a tal fine, al momento dell’acquisto del biglietto aereo (novembre 2012), il passeggero veniva invitato a munirsi di una gabbia omologata per il trasporto del cane, che avrebbe dovuto viaggiare nella stiva. Richiesti e forniti anche i relativi certificati comprovanti identità e proprietà del cane, nonché i relativi certificati medici/veterinari (pedigree) idonei per il viaggio. A Malpensa, però, al momento dell’imbarco, Maurilio Favilla scopriva che il volo non sarebbe stato effettuato dall’Alitalia, ma dall’AirOne (compagnia acquisita anni fa dall’Alitalia), che non trasporta animali in stiva. “L’Alitalia – spiega l’avvocato Antonino Rallo, legale di Favilla - aveva autorizzato l’agenzia di viaggi ad emettere un biglietto, quello per il cane, che in realtà non avrebbe potuto emettere”. Per tornare in Sicilia, lo studente e il suo cane hanno dovuto prendere prima il treno per Genova e qui, poi, imbarcarsi su una nave per Palermo. Per questo, adesso, il Tribunale di Marsala ha condannato l’Alitalia a risarcire il danno, quantificandolo in 1580 euro. Secondo il giudice lilybetano: “Nel comportamento tenuto da Alitalia S.p.a., è possibile configurare il c.d. dolo incidente, che comporta la responsabilità ex art. 1440 c.c. Tale disposizione costituisce l’applicazione del principio generale di buona fede che impone alla parte il dovere di correttezza nel corso della formazione del contratto. Nel comportamento di Alitalia deve pertanto riscontrarsi la mancanza della buona fede richiesta dall’art. 1375 c.c. e il preordinato disegno di non voler informare la clientela dei diritti ad essa spettanti. Deve altresì ritenersi, poi, il fatto produttivo del danno in re ipsa, ovvero nel non aver potuto l’attore rispettare il programma di viaggio, sostenere ulteriori spese e pathos: tutti inconvenienti e situazioni certamente idonee a produrre danno suscettibile di valutazione economica e determinabile in via equitativa dal giudice”.
Questo, invece, i commento dell’avvocato Antonino Rallo: “Siamo davvero soddisfatti per il risultato ottenuto. E’ una Sentenza equa che attendevano con ansia e credo non abbia precedenti. Sempre più spesso le compagnie aeree ricorrono allo stratagemma di far acquistare ai propri Clienti biglietti in modalità “code share” nel senso che il soggetto che acquista con Alitalia può trovare come vettore aereo Airone, come nel nostro caso, in violazione del diritto d’informazione sancito dalla normativa europea della Carta dei diritti del passeggero”.



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