Ha la giacca e la cravatta il consigliere Calogero Giambalvo, nel giorno del suo reintegro in consiglio comunale, da innocente. Le intercettazioni sui suoi racconti degli incontri con i Messina Denaro e tanto altro già emerso pubblicamente, rimangono.
Il presidente del consiglio comunale legge la cessata sospensione da parte del Prefetto, “essendo venuta meno l’efficacia della misura coercitiva”. Poi legge un documento firmato da 15 consiglieri, di maggioranza e opposizione, in cui vengono condannate le affermazioni del consigliere, riportate dagli organi di stampa, “inaccettabili a chiunque, a maggior ragione per chi riveste un ruolo politico istituzionale”, seguita dall’immancabile “netta condanna per ogni forma di criminalità organizzata e mafiosa” e la volontà di continuare “a svolgere le nostre funzioni fino al persistere del totale rispetto dei criteri di legalità”.
Il momento è particolarmente delicato, c’è anche la Digos e un gruppo di cittadini che è riuscito a malapena a prendere posto tra le venti sedie a disposizione di stampa e pubblico.
Visibilmente emozionato, Giambalvo interviene con la lettura di una sua nota, che riportiamo fedelmente:
“Signor presidente, colleghi consiglieri, signor sindaco, assessori, cari concittadini presenti in quest’aula consiliare, non vi sarà difficile prendere… prendere… comprendere dopo la nota vicenda che mi ha coinvolto con la quale emozione prendo la parola. Ma prendo la parola principalmente per ribadire la mia assoluta estraneità ai fatti contestatemi nel procedimento penale, in quanto tutta l’accusa era fondata su intercettazioni e chiacchiere equivocate in sede di… trascrizione, come avrò modo di chiarire successivamente al deposito della motivazione della sentenza. Tengo solo a precisare che la stessa procura, in sede di discussione, ha chiesto l’assoluzione dei capi di imputazione più gravi e che tutto è stato frutto di una intercettazione e che ripor… e che corrispondeva… e che non corrispondeva alla realtà. Sin da ora… sin da ora prendo le distanze da quanto è stato detto contro di me da parte dei media, perché ho sempre dimostrato negli anni di avere sostenuto e di volere in futuro sostenere qualsiasi progetto di legalità. Voglio inoltre esprimere la mia più ampia fiducia nella giustizia. Una giustizia nella quale ho sempre creduto, sono stato… sono stato sempre fiducioso ed è per questo che non mi sono dimesso dalla carica di consigliere comunale. Anche per questo motivo colgo l’occasione e l’obbligo… ho l’obbligo di ringraziare il collega Caracci che durante il periodo mi ha sostituito. Voglio ringraziare a tutti quelli che hanno creduto nella mia totale estraneità ai fatti contestatemi. Un ringraziamento ai miei legali e di un… e in modo particolare all’avvocato Vincenzo Salvo, che con la loro professionalità hanno saputo chiarire la mia posizione e far emergere la mia totale estraneità ai fatti contestatemi e per essermi stati vicini in un momento così disperato per me e per la mia famiglia. Spero con tutto il mio cuore di poter continuare a svolgere la mia funzione di consigliere comunale con onestà ed intelligenza, nell’interesse della nostra città e della legalità”.
Poi le comunicazioni degli altri gruppi consiliari, come quella di “liberi e Indipendenti” (Curiale, Perricone, Accardo), in cui si conferma la fiducia nei magistrati ed il rispetto per le forze dell’ordine “nella dura battaglia contro la mafia”, considerando “il ruolo di rappresentanza dei cittadini incompatibile con chi matura tali convinzioni che vanno tenute isolate dalla gestione della cosa pubblica”.
Monica Di Bella, consigliere del Partito Democratico, esprime il punto di vista dell’unione provinciale del Pd, condiviso poi anche da Città Nuova (Piazza e Bonsignore). Oltre a “dissociarsi da ogni comportamento o espressione inneggianti il latitante Messina Denaro”, ritenendole incompatibili col ruolo di rappresentanza dei cittadini, la Di Bella aggiunge: “Allo stesso modo ci dissociamo da ogni accusa rivolta agli organi inquirenti e a giudici, il cui lavoro va sempre rispettato e mai denigrato,rilasciata a commento della sentenza di primo grado del processo Eden2 dal vice sindaco della Città di Castelvetrano. E chiediamo che l’amministrazione prenda una posizione chiara e netta sull’accaduto, anche sulla posizione relativa a quanto espresso dal vicesindaco all’indomani della sentenza”.
Ma per il sindaco Felice Erante, quella del Partito Democratico è “una caduta di stile”: “L’avvocato Giuseppe Rizzo dichiara quello che vuole. Siamo in un paese democratico e può fare, come chicchessia, le affermazioni che ritiene più o meno opportune – ha risposto in modo piccato il primo cittadino - Fino a quando le stesse sono assolutamente in linea con quella che è l’azione amministrativa portata avanti da quest’amministrazione e da questo sindaco, non ha questo sindaco il dovere di giustificare alcunché.”
Il vice sindaco Rizzo, all’indomani della sentenza di assoluzione del consigliere Giambalvo aveva commentato così la sentenza: “Nell’apprendere certe notizie rimango basito, immedesimandomi per un momento il dramma che hanno subito direttamente gli imputati durante la carcerazione ed indirettamente i propri cari! Mi viene spontaneo – aveva aggiunto - chiedermi come sia possibile che una pubblica accusa chieda la custodia cautelare “in carcere”che il nostro ordinamento prevede come estrema ratio ed un giudice la convalidi. Ma fatto ancor più aberrante è quello che se l’impianto accusatorio in sede processuale (presumibilmente) viene a cadere come può una pubblica accusa chiedere 5 anni e 4 mesi e 7 anni… stante che il giudicante poi assolve!!”.
Infine aveva concluso: “Le cose sono due, o i Pm presi dalla foga della condanna ad ogni costo hanno i prosciutti negli occhi oppure al contrario se l’impianto accusatorio dovesse essere corroborato da fatti.. il giudice non ha letto gli atti processuali! Da cittadino e da addetto ai lavori sono preoccupato!”.
Errante però, nello stesso intervento, da un lato considera deprecabili le affermazioni contenute nelle intercettazioni di Giambalvo. Ma dall’altro sottolinea che la sospensione non è stata “voluta o determinata da una volontà politica cittadina, né la sua riammissione è dipesa da questo Consiglio. Perché è una delibera di mera presa d’atto di un provvedimento che sfugge al controllo della civica amministrazione”.
Secondo il sindaco esiste una sola forma di legalità: “quella dell’osservanza scrupolosa delle norme di legge vigenti in un determinato momento storico”. Insomma, il reintegro di Giambalvo andrebbe visto come espressione di legalità. “E questo è quello che stasera si verifica – aggiunge infatti - Il consigliere Giambalvo, attesa l’assoluzione che l’organo giudicante dello Stato, del Tribunale, ha emesso nei suoi confronti, ha il diritto di potere partecipare ad una seduta di consiglio comunale e di potere esaudire il suo mandato fino a quando questo mandato si completerà con la scadenza naturale delle elezioni o quando questo avverrà”.
Poi fa una valutazione politica delle intercettazioni: “Si condannano con forza dichiarazioni che in qualche maniera o in qualche modo possano rappresentare un certo romanticismo nella descrizione del fenomeno mafioso, che non può trovare cittadinanza e che non trova cittadinanza in questa città”.
Certo, può starci relativamente agli incontri nostalgici (veri o millantati che fossero stati) con i latitanti Messina Denaro. Un po’ meno romantica potrebbe invece essere valutata l’ipotesi intercettata in cui si auspica l’uccisione di uno dei figli di Lorenzo Cimarosa, il dichiarante parente del superboss, che ha collaborato con la giustizia. Oppure la volontà di farsi 30 anni di galera pur di nascondere la primula rossa, evitandogli la cattura.
Ad ogni modo, Errante non ha dubbi. Se avesse il sospetto che la mafia influenzasse l’azione amministrativa del comune, si dimetterebbe.
Le ipotesi delle dimissioni in massa però erano state avanzate prima di questo consiglio, in sede di conferenza dei capigruppo. A fronte della proposta di un consigliere di maggioranza per un documento unico a firma di tutti i consiglieri, probabilmente lo stesso letto all’inizio della seduta dal presidente del consiglio comunale, il Partito Democratico aveva acconsentito a condizione che si prevedessero le dimissioni in massa di consiglieri, assessori e sindaco. E che si prevedesse un dibattito politico, affinché emergessero con chiarezza le singole posizioni di ognuno. La proposta non fu ben accolta sia dal sindaco, che la considerò demagogica, che da altri consiglieri di maggioranza.
Niente documento unico quindi, come invece era accaduto nel 2011 (con l’allora sindaco Pompeo), quando un servizio televisivo di La7 (“fratelli di mafia”), aveva coinvolto la città di Castelvetrano, con quell’intervista ad un cittadino che elogiava Matteo Messina Denaro e condannava la classe politica italiana. Le prevedibili reazioni da orgoglio ferito (della serie “hanno scambiato tutti i castelvetranesi per mafiosi”) avevano prodotto un documento unico del consiglio comunale in cui si criticava fortemente la trasmissione per aver presentato “in modo distorto la realtà della città”, ma condannando allo stesso tempo “fermamente la mafia e il malaffare”.
L’impressione è che l’amministrazione della città sia preoccupata più per la luce dei riflettori sulla questione, che per il reintegro in consiglio comunale di un impresentabile che partecipa alle decisioni per la vita amministrativa della città.
Ed è un’impressione che arriva dalle stesse parole di Errante, pronunciate in consiglio: “Io sono convinto del fatto che qualsiasi cosa oggi si possa dire, di fatto crei nocumento a questa comunità. E lo so con certezza, perché l’effetto mediatico è certamente imbarazzante per questa comunità. E lo è prima di tutto per il sindaco che, rappresentando la comunità, ha il dovere di dire quello che pensa a voce alta”.
Di fatto Giambalvo è rimasto al suo posto, sullo sfondo di una posizione quantomeno contraddittoria da parte dell’amministrazione della città che, con un colpo al cerchio ed uno alla botte, esprime schizofrenicamente posizioni incompatibili.
Egidio Morici