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27/11/2015 06:30:00

Il maxi sequestro a Michele Licata. Aveva un impero, ma dichiarava 5 mila euro di reddito

Michele Licata, il re delle strutture alberghiere, il re degli imprenditori senza scrupolo a Marsala, sotto scacco. Il suo impero finito sotto sequestro preventivo dalla Sezione Misure Prevenzione del Tribunale di Trapani. Come si fa per un mafioso, solo che Licata non è un mafioso. E', secondo quanto scoperto dal Nucleo Polizia tributaria della Guardia di Finanza coordinato dalla Procura di Marsala, il re degli evasori. Il suo impero finito sotto sequestro ammonta a 127 milioni di euro. Tutto, ma proprio tutto, passa nelle mani dello Stato a cui, negli anni, Licata e i suoi familiari non ha versato tasse per 9 milioni di euro.
Si tratta, secondo gli inquirenti, della più imponente misura di prevenzione patrimoniale per “pericolosità fiscale” a livello nazionale.
Il trucco è lo stesso scoperto e denunciato nell'operazione di Marzo scorso: fatture di grossi importi per lavori mai fatti emesse da fornitori compiacenti. I fornitori hanno fatto fatture false alle imprese di Michele Licata per un totale di 25 milioni di euro. Questa somma risparmiata non pagando le tasse - dicono alla Procura- è stata poi reinvestita da Licata nelle sue società, e Licata stesso avrebbe sottratto dalle casse delle sue società, per giustificare pagamenti di prestazioni inesistenti, circa 13 milioni di euro. 

Come si fa per i mafiosi
L'operazione di ieri si accavalla quindi a quella della scorsa primavera. Quello fu un sequestro per equivalente, scaturito da un'inchiesta penale per i reati di evasione, truffa, riciclaggio, che coinvolgevano Licata e i suoi familiari. Adesso la cosa è diversa, gli strumenti sono diversi e più pesanti per il re delle strutture turistiche. In sostanza, secondo la Procura, l'impero di Licata nasce dalle sue condotte illecite legate all'evasione fiscale e alle truffe per accaparrare fondi pubblici. Beni e società frutto quindi di condotte illecite, di fondi sottratti illegalmente allo Stato. Beni e società che adesso, cominciano un percorso per tornare alla collettività, allo Stato.
Con i soldi non versati per le tasse Licata, nel corso degli anni ha potuto investire in altre strutture, in altre attività. Non solo nel settore turistico alberghiero. Ma anche nella sanità, con le residenze per anziani e disabili. 
In particolare all’imprenditore 52enne sono state sequestrate 10 società, 3 ditte individuali e relative ad alberghi, lussuose sale ricevimento, resort, ristoranti, stabilimenti balneari e altre strutture ricettive a Marsala e a Pantelleria, 75 fabbricati, 257 terreni, 23 autoveicoli, 71 conti correnti bancari sui quali erano depositati circa 6 milioni di euro, sei polizze vita del valore di 4,6 milioni di euro e partecipazioni societarie.
Il patrimonio dell’imprenditore secondo la Procura di Marsala, diretta da Alberto Di Pisa, sarebbe stato illecitamente accumulato negli ultimi vent’anni “grazie ad una colossale e continuata frode fiscale, a numerose truffe ai Fondi comunitari e alla violazione di numerose altre norme in tema di edilizia e sanità pubblica”. 

Economia drogata
Così Licata si sarebbe imposto nel settore turistico-alberghiero, sbaragliando la leale concorrenza, “drogando” l’economia locale”.
Le indagini del Nucleo di Polizia Tributaria di Trapani e della Guardia di Finanza della Procura di Marsala hanno consentito di fare luce sulla “pericolosità fiscale” della famiglia Licata e di ricostruire e mappare l’enorme patrimonio mobiliare e immobiliare riconducibile alla stessa, il cui possesso, per altro, non era assolutamente giustificabile con i redditi dichiarati dall’intero nucleo familiare.
Lo scorso aprile l’imprenditore aveva subito un primo sequestro di beni in seguito al tentativo di svuotare i propri conti correnti con ingenti bonifici in favore di parenti fino a quel momento non coinvolti nelle indagini.

Un poveraccio
Dal 1998 al 2013 Licata ha sempre dichiarato redditi inferiori a 9 mila euro lordi, talvolta meno di 5 mila euro. In un paio di occasioni ha sforato raggiungendo redditi simili a quelli di un insegnante di scuola media. Il 3 aprile scorso, dopo gli accertamenti nell'ambito dell'inchiesta per evasione, Licata chiede di essere ascoltato dalla Guardia di Finanza, il 20 aprile viene interrogato. In questo lasso di tempo ha spostato 6 milioni di euro che aveva nei suoi conti correnti, intestandoli ai congiunti che non avevano alcuna carica sociale nelle società, sottraendo i fondi all'accertamento fiscale. E poi fa emettere polizze e assegni circolari per 2 milioni di euro, di cui lo scorso mese di ottobre ne sono stati sequestrati per un milione di euro. E poi ulteriori 4 milioni 600 mila euro rinvenuti nella diretta disponibilità sua. Complessivamente, un soggetto che fino al 2013 dichiarava 5 mila euro, aveva denaro contante, disponibilità economiche varie (dalle polizze ai conti intestati ad altri), assegni, per complessivi 16 milioni di euro.


Gli affari nella sanità

Questa capacità e dimestichezza dell'accesso ai fondi pubblici ha spinto Licata a occuparsi dell'assistenza ai disabili e alle persone con difficoltà, attraverso onlus e strutture assistenziali da sempre tra le più sovvenzionate da Stato e Regione. “Nel 2013 – ha raccontato il sostituto procuratore Antonella Trainito - la moglie i congiunti di Licata hanno costituito una onlus per assistenza ad anziani e bisognosi. Nel 2013 non ha ottenuto alcun ricavo, nel 2014 ha ottenuto ricavi per 700 mila euro che arrivano grazie a convenzioni stipulate con i comuni di Marsala, Mazara del Vallo e Petrosino”. La Cooperativa in questione era amministrata da Roberto Cordaro, genero di Licata e figlio del consigliere comunale Pino Cordaro.

Il nuovo tentativo di speculazione su Petrosino
“Licata – ha raccontato sempre la Trainito in conferenza stampa - era riuscito a perseguire il suo intento di ampliare il suo impero mediante un meccanismo che consentisse di sottrarre i beni ad accertamento fiscale. Nel 2011 la Roof Garden srl stipula con due privati dei preliminari di vendita e permuta per acquisto di terreni sul lungomare di Petrosino”. Nel 2014 vengono depositate al Comune di Petrosino richieste di piano di lottizzazione per 32 villette. Piani richiesti non da Licata, che è acquierente, ma dagli stessi proprietari venditori. Piani di lottizzazione approvati, uno nel maggio 2014, e uno nel maggio 2015, dal consiglio Comunale di Petrosino. “Se non fosse intervenuta la misura di prevenzione – aggiunge la Trainito - ad oggi Licata potrebbe chiedere esecuzione dei preliminari e entrare in possesso di un titolo che lo abilita a costruire 32 villette sul lungomare di Petrosino”. Ma il giocattolo si è rotto.

Il commento del sindaco
Ieri, nel tardo pomeriggio, è arrivata la nota del sindaco di Marsala Alberto Di Girolamo.
Di Girolamo, nella sua dichiarazione, glissa su quanto più volte denunciato dalla redazione di tp24.it, e cioè la maxi evasione di tributi comunali da parte di Michele Licata e delle sue aziende. Vicenda che ha anche una sfumatura politica, dato che un consigliere della maggioranza,  Giuseppe Cordaro (Pd), è consuocero di Licata e padre di uno degli odierni indagati per riciclaggio, truffa, evasione:
“Mi complimento con la Procura della Repubblica di Marsala, con la Guardia di Finanza di Trapani e con il nucleo di Polizia Giudiziaria delle Fiamme Gialle presso la stessa Procura lilibetana per l’indagine che ha portato alla individuazione di una illegalità finanziaria di così grossa entità e al conseguente sequestro (il più consistente finora in Italia per questa tipologia di reato) di beni all’imprenditore Licata”.



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