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15/04/2015 06:05:00

Salemi. L’Hospice Raggio di Sole, eccellenza della sanità siciliana, riduce i ricoveri

 Finanziato con la legge 39 del 1999, inaugurato nel luglio del 2009, sette mesi prima che avviasse l’attività di ricovero, periodo in cui svolse prevalentemente attività ambulatoriale, l’Hospice Raggio di Sole di Salemi, unica struttura del genere in provincia di Trapani, dal primo aprile di quest’anno ha iniziato a ridurre il numero dei ricoverati.

Esattamente cinque anni dopo la data (15 marzo del 2010) di nascita, lo staff medico guidato dal non mai abbastanza apprezzato dottore Gaspare Lipari si è visto costretto ad operare un taglio drastico del 50%. Dai dieci che il presidio può ospitare, oggi sono solo quattro gli ammalati assistiti dal personale attualmente in servizio.

Sembra passato un secolo da quando l’Hospice era dotato di personale adeguato a garantire alla struttura di operare H24. Tempi in cui poteva contare su un organico composto da tre dirigenti medici ( oltre al già citato dottor Lipari, l’ instancabile oncologo dottore Salvatore Giuffrè e il dottore Rosario Mistretta, anestesista ed esperto in terapia del dolore), sei infermieri, nove operatori socio-sanitari, un ausiliario, un assistente sociale e un terapista della riabilitazione. Che con il tempo è diventata una equipe perfettamente armonizzata e non un semplice “aggregato di persone”, che si trovino a lavorare insieme, per circostanza fisica o di obiettivi comuni, perché questo non porta a nessuna autentica sinergia di lavoro, ma spesso è soltanto occasione per l’accendersi di conflittualità tra diversi pensieri, ideologie o modi di operare. Ivi compreso il personale non di ruolo, i cosiddetti contrattisti. Come anche da non dimenticare il prezioso contributo donato dai volontari dell’Avo coordinati dalla professoressa Rosalia Fiorello.

Da parte dell’Asp trapanese, alla vigilia dell’apertura, era stata annunciata una non meglio precisata iniziativa volta a favorire un processo di formazione del personale dell’Hospice.

Erano tempi anche di frustrazione quelli che stiamo rievocando.

Complice l’insipienza dei maggiori dirigenti politici locali, si assisteva all’osceno spettacolo delle parole ambigue. Nell’indifferenza anche della cittadinanza, veniva smantellato un Ospedale, voluto con decreto del Presidente della Repubblica per servire un vasto comprensorio ad alta densità sismica, com’è quello del Belice. Nessuno invocò questa clausola per salvare il contenuto della struttura.

Veniva adoperata strumentalmente il verbo “chiudere”, quando era evidente che non della struttura muraria si trattava di chiudere ma del svuotamento. Si consumò il più grande imbroglio spacciando come una conquista il declassamento al rango di PTA di un glorioso Ospedale. Si perdeva anche il Pronto Soccorso con buona pace di una utenza frastornata e credulona. L’istituzione dell’Hospice venne quindi percepito come una sorta di risarcimento per il danno subito. Tutto sommato, si sosteneva, la nuova struttura avrebbe potuto essere un’occasione di rilancio sul piano sociale della comunità salemitana. Salemi non era forse stata depauperata, lungo gli ultimi decenni, di una lunga serie di uffici pubblici e di alcuni reparti ospedalieri? E giù applausi, fino all’ultima visita dell’attuale assessore Borsellino. Oggi non vorremmo che anche quella “conquista” fosse destinata, dopo poco meno di un quinquennio, a ridimensionarsi. Timori più che legittimi alla luce di questo ultimo provvedimento che vede ridurre i ricoveri dei malati terminali.

Si passa ad un estremo all’altro. Dall’epoca degli sprechi (ma siamo poi sicuri che siano spariti?) a tagli insensati. Il personale, dopo essere stato formato con soldi pubblici, lasciato per anni allo stato precario, ora rimane a casa inutilizzato. Niente rinnovo del contratto. Stiamo parlando degli OSS (operatori socio sanitari), che, in una struttura per antonomasia assistenziale qual è l’Hospice, costituiscono un anello insostituibile dell’intera catena organizzativa. Se diminuiscono questi operatori e del tutto evidente che si è costretti a non accettare più ricoveri. Chi deve sostituirli nel loro lavoro? Gli infermieri? E inoltre. Siamo sicuri che così facendo si ottiene un risparmio? Li vogliamo fare i conti della serva? Ebbene. Il costo di un paziente ricoverato in un Ospedale si aggira attorno agli 800 euro giornalieri. Euro più, euro meno. Quello di un assistito presso un Hospice, appena 200 euro al giorno. Un paradosso tutto siciliano. Si insegue il risparmio con i tagli, mentre in realtà si spende cinque volte di più. Quando un malato terminale non viene trasferito nell’Hospice, non solo il paziente non viene trattato e assistito qualitativamente come il suo stato esigerebbe, ma il costo viene quintuplicato. Se a tutto questo, infine, si aggiunge il risvolto negativo sui livelli occupazionali, il quadro diventa oltre che antieconomico anche antisociale.

Ma al peggio non c’è mai fine. Da qualche anno circa, in un’ala dell’odierno PTA (Presidio Territoriale Ambulatoriale) sono state attrezzate ben cinque stanze, dove avrebbe dovuto funzionare la RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale). Si tratta di venti posti letto. Gli arredi e le suppellettili nuovissimi di zecca sono ancora in parte avvolti nel cellofan. Moderni e costosi, rimangono malinconicamente vuoti e inutilizzati. Di pazienti nemmeno l’ombra. E tuttavia vi opera un coordinatore. Anche in questo settore la causa è la mancanza di assunzione del personale.

Qualcuno avrebbe prospettato l’ipotesi di un trasferimento dei pazienti dell’Hospice nelle stanze della RSA. Per accorpare il servizio al reparto della lungo degenza, forse. Non sembrerebbe comunque una scelta ottimale. Anche se è probabile che ciò avvenga visto che i pavimenti dell’Hospice necessitano di una ristrutturazione.

In ogni caso, rimane da affrontare e risolvere il problema di fondo. Che è quello, ripetiamo, dell’assunzione del personale. Condizione senza la quale sono destinate a restare una mera utopia quanto ebbe a dire qualche anno fa il dottore Gaspare Lipari, nel corso di un congresso della Società Italiana di Cure Palliative. In quell’occasione Lipari con una punta d’orgoglio e molta speranza disse che “ Nell’esperienza attuativa, quasi completata, In ASP Trapani, abbiamo preso in esame quanto di pregresso in tema di norme, regolamenti, linee guida e documenti, abbiamo cercato di evidenziare i motivi del parziale fallimento del primo impianto organizzativo, (scarsa chiarezza su modalità attuative, su responsabilità gestionale e sui finanziamenti), abbiamo elaborato ed iniziato un progetto generale che, riteniamo, possa contribuire alla costruzione di percorsi comuni, facilmente fruibili per l’utenza, confrontabili tra gli operatori e verificabile costantemente nei contenuti.”

Chi si assume oggi la responsabilità di buttare quanto realizzato alle ortiche?

L’Hospice di Salemi viene classificato tra le prime cinque strutture operanti in Sicilia e, sicuramente, tra le prime dieci in Italia.

Cosa si sta facendo per non disperdere anche questa “eccellenza”? Non c’è stato un politico trapanese che non ne abbia tessuto le lodi e che non l’abbia additato come un esempio da emulare. Numerosissime sono state le visite di autorità politiche, civili e religiose. Solo ritualità? Dispiace dirlo, ma nulla di concreto è stato fatto fino a questo momento per evitare che uno dei fiori all’occhiello della sanità trapanese rischi di sfiorire. Ci vorrebbe il coraggio dell’anticonformismo.

Franco Ciro Lo Re



EA2G | 2024-12-23 14:54:00
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