Parte oggi il processo d'appello per Antonio D'Alì, senatore di Forza Italia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, assolto in primo grado (con prescrizione per i fatti contestati sino al 1994). I pm hanno presentato appello, adesso tocca ai giudici della IV sezione della Corte di Appello riprendere in mano il dibattimento.
Nei “motivi” di appello, i pubblici ministeri, Paolo Guido e Andrea Tarondo, hanno messo in evidenza quello che a loro avviso è stato un grave errore del giudice, ossia quello di “frammentare” le ipotesi di accusa.Per i pubblici ministeri sia dalle dichiarazioni del collaborante Nino Birrittella, che faceva parte della cupola trapanese di Cosa nostra, sia dal contenuto delle intercettazioni nonché dall’esito di indagini, si coglie quello che il giudice ha detto di non aver visto, e cioè il fatto che determinate certezze nutrite dal capo mafia Francesco Pace, come quella sul trasferimento da Trapani del prefetto Fulvio Sodano (che era come il fumo negli occhi per i mafiosi), derivavano dalla certezza che Cosa nostra coltivava per via dei rapporti diretti con il senatore D’Alì. Nei motivi di appello i pm contestano anche la valutazione del giudice rispetto alle dichiarazioni rese dall’ex moglie del senatore, Maria Antonietta Aula. “Non furono quelle dichiarazioni viziate da un personale risentimento". “Stabile e continuativo – scrivono i pm – è stato il rapporto del senatore D’Alì con l’organizzazione mafiosa anche oltre il 1994”. A cominciare da quei primi anni ’90, dalla vendita fittizia di un terreno a soggetti notoriamente mafiosi, “che non è qualificabile – scrivono – come un episodio di piccolo cabotaggio ma semmai di grande rilevanza economica…una operazione messa in piedi da Matteo Messina Denaro all’epoca già latitante…una operazione di intestazione fittizia di un bene non per favorire un mafioso qualsiasi ma un mafioso dal nome altisonante, Totò Riina”. A conclusione dei motivi di appello i pm Tarondo e Guido nonché il procuratore generale Anna Maria Leone che ha sottoscritto un distinto appello ma analogo nei contenuti di quello presentato dai suoi colleghi, hanno chiesto ai giudici di sentire il collaboratore di giustizia Giovanni Ingrasciotta, il sacerdote Ninni Treppiedi, il col. Rocco Lo pane dirigente della Dia di Trapani e Vincenzo Basiricò factotum del Treppiedi. E si ricomincia.