Le recensioni online non sono il massimo, anzi. C’è chi dice di esser scappato subito, chi lo sconsiglia categoricamente. C’è addirittutra, su Tripadvisor, il sito di recensioni online, chi definisce il villaggio Kartibubbo una “truffa”. E ne hanno anche per lui, per Calcedonio Di Giovanni, imprenditore del settore turistico, proprietario del residence, e destinatario di un provvedimento di sequestro preventivo su beni per 450 milioni di euro.
Il sequestro l’ha disposto la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, accogliendo la richiesta della Direzione investigativa antimafia di Palermo e Trapani. Per la Dia la scalata dell’imprenditore di Monreale, con diverse imprese nella provincia di Trapani, sarebbe stata “indissolubilmente intrecciata con i destini delle famiglie mafiose di Mazara del Vallo”. Ecco che tra i i beni milionari finiti sotto sequestro ci sono anche un centinaio di case nel villaggio turistico di Campobello di Mazara, Kartibubbo, in cui, secondo gli investigatori, sarebbe emerso “il collegamento di Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale, ossia Vito Roberto Palazzolo”.
I suoi intrecci con la mafia, secondo la Dia, risalirebbero ai primissimi anni 70. Il giovane e insospettabile imprenditore, parente di Calcedonio Bruno killer al servizio del capomafia mazarese Mariano Agate, acquistò da Vito Roberto Palazzolo un enorme complesso edilizio, a destinazione turistica, in fase di realizzazione a Campobello. E’ il Residence Kartibubbo. Qui secondo l’inchiesta erano stati investiti i capitali che arrivavano dal traffico di droga, dal contrabbando di sigarette e altri affai illeciti di Cosa nostra. Era l’inchiesta del Pizza Connection. Nel corso degli anni diversi collaboratori di giustizia hanno riferito che Di Giovanni era legato a Cosa nostra, evidenziando i collegamenti con il commercialista Giuseppe Mandalari. Il pentito Rosario Spatola parla di Di Giovanni come uomo al servizio della mafia di Campobello di Mazara e massone.
“Il villaggio Kartibubbo viene rilevato dal Di Giovanni - si legge nel provvedimento del Tribunale presieduto da Piero Grillo - con un notevole investimento posto in essere in un momento in cui Di Giovanni era del tutto sfornito di redditi leciti”.
I proventi per la costruzione del villaggio proverrebbero, quindi, dai soldi di Cosa Nostra che il finanziere Palazzolo, per anni latitante in Sudafrica, avrebbe riciclato agli ordini dei boss di Corleone.
Gli affari di Calcedonio Di Giovanni sono da tempo anni sotto la lente della magistratura. Affari nel settore ricettivo turistico, legati a frodi su fondi con la 488, a intrecci con mafia e massoneria. Negli anni scorsi Di Giovanni ha patteggiato una condanna. Nel 2007, assieme al figlio Alessio, viene messo agli arresti domiciliari, nell’ambito dell’Operazione Re Mida, su un vorticoso giro volto all’ottenimento di fondi pubblici per la costruzione di alberghi e strutture ricettive. Secondo gli inquirenti sarebbe stata messa in atto una maxi truffa da 30 milioni di euro ai danni dello Stato volta all’ottenimento di contributi pubblici per la costruzione sulla carta, o soltanto in parte, di strutture ricettive a Triscina.
Il nome di Di Giovanni viene fuori anche nella vicenda della truffa con la 488 che ha inguaiato i petrosileni Antonino Bonomo e i figli Francesco e Giovanni, che sono stati condannati dalla Corte dei Conti a risarcire allo Stato circa 1,3 milioni di euro indebitamente ottenuti con la 488. E’ la storia dei fondi ottenuti per costruire una struttura ricettiva a Castellammare, ma poi “girati” per costruire un complesso turistico proprio a Kartibubbo. Ma esisteva già tutto, e la struttura era anche abusiva. Cosa c’entra Di Giovanni in questa storia? Una delle sue vecchie società, poi messa in liquidazione, “Il Cormorano srl”, e intestata alla moglie, era entrata nell’affare per la compravendita, secondo l’inchiesta, fittizia, di un immobile per giustificare il finanziamento pubblico.
Questi però sono fatti degli ultmi anni di un imprenditore che nel provvedimento di sequestro viene indicato come “spregiudicato” entrato in rapporti anche con ambienti vicini alla mafia di Castelvetrano, che sin dagli anni 70 sarebbe stato la porta d'ingresso della mafia agli affari del settore turistico.
“L'esistenza di collegamenti fra mafia, massoneria trasuda – si legge nel provvedimento - da tutti gli atti di questo procedimento nella parte in cui viene in ballo il ruolo degli istituti di credito preposti al controllo dell'avanzamento dei lavori finanziati. Vennero erogate immense quantità di denaro in assenza totale di controlli e qualche volta con la chiara dimostrazione agli atti dell'assenza dei presupposti per continuare a finanziare l'opera”.
Negli ultmi anni Di Giovanni, secondo la Dia, avrebbe tentato di sottrarre il proprio patrimonio alla scure delle misure di prevenzione, costituendo una società in Inghilterra, la “Titano real estate limited” che si occupa di gestione di villaggi turistici con domicilio fiscale italiano nel villaggio Kartibubbo. La manovra, che secondo l’accusa sarebbe stata organizzata da Di Giovanni, era stata progettata per evitare il sequestro e mantenere saldo in mano il potere.
Il sequestro dei beni di Calcedonio Di Giovanni comprende 20 società operanti nel settore immobiliare e i relativi compendi aziendali; 547 unità immobiliari; 12 veicoli; 8 rapporti e depositi bancari. Molte di queste società erano già in liquidazione: “Titano real estate limited, “Compagnia immobiliare del Titano”, Il Cormorano, Fimmco, “Campobello park corporation, “Immobiliare La Mantide”, “Associazione orchidea club, “Selinunte country beach, alcune quote del “Selene residence” di Campobello di Mazara, “Parco di Cusa vita e vacanze, Dental house, Numidia srl. Prima di metterle in liquidazione, Di Giovanni, avrebbe fatto in tempo a concludere alcuni affari, tra Campobello, Monreale, e Petrosino.