“Ha chiuso il Cara di Salinagrande”. E' stato questo il titolo di giornali cartacei ed online all'indomani del comunicato stampa inviato dalla Prefettura di Trapani riguardo alcuni provvedimenti nel settore immigrazione. Una notizia che ha fatto il giro dello stivale lasciando tirare un sospiro di sollievo ai difensori dei diritti umani che ne annusavano le intenzioni positive. Il cara di Salinagrande per anni è stato al centro di polemiche e denunce a causa delle condizioni a volte poco umane imposte agli “ospiti”. Un centro sporco, una struttura deficitaria ed un numero di ospiti sempre ben oltre il numero massimo consentito. Cercando negli archivi dei siti internet è facile ritrovare le numerose denunce, giunte perfino dalla comunità europea. Tuttavia in pochi avevano attenzionato le parole soppesate nel comunicato dalla Prefettura. “Con determinazione del Ministero dell'Interno è stata autorizzata la chiusura del Cara di Salinagrande”. Tutti hanno sobbalzato, ma concretamente quando verrà messo il lucchetto alla struttura? Non presto. Infatti ad agosto è stata autorizzata la proroga di gestione del centro a Badia Grande (la cooperativa diocesana gestita da Don Librizzi) che ne manterrà il controllo almeno per i prossimi sei mesi. A rallentare le procedure di chiusura, stando ai bene informati, non sarà la presenza dei migranti, facilmente trasferibili, ma la presenza, all'interno della struttura, della Commissione per il riconoscimento dello status di richiedente asilo. Il Cara, secondo i piani attuali, resterà aperto almeno fino a marzo, fino a venerdì sono stati accolti 10 uomini sbarcati il giorno stesso, allora perchè annunciarne la chiusura? Il contratto di locazione è in scadenza ed inoltre le magagne all'interno del centro erano diventate difficili da nascondere. Le blatte anche in questi giorni fanno quasi il pari con il numero di ospiti. La comunicazione di chiusura senza dubbio smorza gli animi attorno al Cara. Non solo quelle delle associazioni umanitarie, ma soprattutto quelle dei cittadini di Salinagrande, che non hanno mai gradito la presenza del centro. Infine questa decisione permetterà al Ministero dell'Interno di mettere in pausa la questione fino a quando non verranno definite le nuove direttive del settore immigrazione. In attesa, la Prefettura di Trapani sta valutando una sede alternativa in cui trasferire le competenze del Cara e la sede della Commissione. Tra le papabili, una zona di proprietà del demanio nell'area di Milo.
Ieri sono arrivati altri 183 migranti nel porto di Trapani. Tra loro 15 donne e 25 minori non accompagnati. La nave mercantile Stride di Singapore non ha potuto fare ingresso in banchina ed i migranti sono stati trasferiti all'interno del porto a bordo di un rimorchiatore. La loro provenienza è di Ghana, Senegal, Nigeria, Mali e Gambia. La Prefettura ha disposto il sistema d'accoglienza che interesserà l'intera provincia: 116 a Salemi, 40 a Castellamare del Golfo, 18 Campobello di Mazara, 10 a Castelvetrano.
Nel Mediterraneo sono oltre 800 i morti e i dispersi solo negli ultimi giorni. «È una crisi umanitaria senza precedenti», lancia l'allarme l'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu (Unhcr), che fino a domenica stimava 2.500 morti dall'inizio dell'anno, 2.200 solo dall'inizio di giugno.
L'ultima tragedia al largo delle coste di Tripoli, non lontano da quella "spiaggia" della morte dove settimane fa arrivarono sulla riva decine di cadaveri dopo l'ennesima tragedia in mare. Questa volta è toccato a un barcone carico di oltre 250 persone, «tante donne», che è affondato davanti a Tajoura, il tormentato sobborgo a est della capitale libica, epicentro degli scontri armati tra milizie rivali. «Ci sono così tanti morti che galleggiano sul mare», ha detto un ufficiale della Marina libica, quasi attonito di fronte all'ennesima tragedia che funesta quelle acque.
Altrettanto tragico il destino di oltre 600 persone date per morte o disperse dopo una serie di naufragi davanti alle coste egiziane o in prossimità di quelle maltesi da venerdì scorso, secondo stime che l'Unhcr stesso non può confermare come certe. Sono cifre che vengono spesso fornite dai sopravvissuti, quindi prese con le pinze, ma potrebbero celare una tragedia di dimensioni ben più ampie. Ad esempio, due ragazzi palestinesi di Gaza miracolosamente scampati a un naufragio hanno fatto luce su un drammatico episodio, raccontando quello che per l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) è «un omicidio di massa».
In 500 sarebbero partiti da Damietta, in Egitto, il 6 settembre. Mercoledì scorso «dopo aver già cambiato diverse imbarcazioni lungo la rotta - hanno detto i due sopravvissuti all'Oim -, i trafficanti, a bordo di un altro natante, hanno chiesto ai migranti di "saltare" su un'ennesima nave più piccola e precaria. Molti si sono ribellati: ne è nato uno scontro con i trafficanti che hanno speronato il barcone dei migranti facendolo affondare». La maggior parte delle 500 persone sono cadute in mare e affogate, altre sono riuscite a restare a galla aggrappandosi a mezzi di fortuna: tra queste i due giovani palestinesi, soccorsi da un mercantile e portati a Pozzallo.
Corpi di migranti sono affiorati davanti davanti alle coste di Alessandria d'Egitto. Difficile capire se si tratti dello stesso episodio.
Dall'inizio dell'anno, stima l'Unhcr, «sono 130.000 le persone arrivate via mare in Europa, più del doppio dei 60.000 registrati nel 2013».