di Leonardo Agate - Il caso che sta turbando l'opinione pubblica, riportato in evidenza dai giornali e dagli altri mezzi d'informazione, é di scuola. I parlamentari della Provincia all' Assemblea regionale hanno votato contro l'emendamento che il M5S ha presentato per togliere all'ex presidente della Regione,Totò Cuffaro, il vitalizio che gli spetta per essere stato onorevole regionale e presidente della Regione. Bastava un maggioranza, che non c'é stata, a favore dell'emendamento perché l'ex presidente fosse privato di un diritto che gli spetta, come l'hanno preso altri parlamentari prima di lui, e come lo prenderanno altri se la legge non verrà cambiata.
Si può discutere quanto si vuole sulla figura negativa dell'ex presidente, condannato per delitti di mafia, e finito a scontare la pena nelle patrie galere. Si può anche ricordare che il condannato ha rispettato la condanna, e pur non ritenendosi colpevole, ne ha accettato dignitosamente gli effetti, comportandosi da galantuomo, ed ottenendo anche sconti e benefici per buona condotta. La sua fede in Dio, mostrata almeno in pubblico, e il suo rispetto per le leggi dello Stato, in base alle quali é stato condannato, non sono di poco conto, e fanno pensare che un ravvedimento l'ha avuto, nonostante le carceri italiane non siano adeguate a favorirlo.
Dato per scontato che le sentenze devono essere rispettate, e che le condanne sono la conseguenza di esse, si deve affermare che, almeno per giustizia umana, l'ex presidente ha commesso il reato attribuitogli. Ma il M5S voleva, con l'emendamento, aggiungere ad una pena un'altra conseguenza oppressiva. Togliergli il diritto di ottenere quel vitalizio che l'attuale legge non collega al reato da lui commesso. Una specie di legge ad personam ad effetto negativo. Una norma eccezionale che aggrava una pena legittima. Ci si può chiedere perché tanta aberrazione all'improvviso per questo caso personale e giudiziario. Ma la risposta più ovvia non può essere altra che quella di mostrare quanto si é severi verso chi ha sbagliato. La motivazione, però, mi convince poco. Se si vuole impedire che un condannato per certi reati percepisca un vitalizio dalla Regione, bisogna approvare una modifica alla legge, o farne una nuova, che preveda in linea generale ed astratta i nuovi termini e le nuove condizioni cui sottoporre i vitalizi dei parlamentari. Intervenire contro un avversario caduto in disgrazia, ormai impotente a difendere i propri diritti, é come uccidere un uomo morto. E, poi, siamo sicuri che Cuffaro, in tutti gli anni di potere a Palazzo dei Normanni e Palazzo d'Orleans, abbia sempre e in ogni caso gestito male la cosa pubblica? I dubbi ci sono. Se vediamo cosa é stata la Regione prima di lui, e cosa é diventata dopo, fino all'ultimo Masaniello, versione Rosario Crocetta, non notiamo grandi differenze di azione e di comportamento. La Regione resta una palla al piede dei siciliani. Un ostacolo alla sua modernizzazione, piuttosto che un incentivo a cambiarla. Gli storici hanno scritto, in ponderosi volumi, la storia della Sicilia repubblicana, e hanno concluso che l'autonomia, fin da quando si é avuta, é stata il brodo di cottura di ogni malaffare e di ogni inefficienza. Se, allora, il popolo siciliano ha mandato a governarci una pletora di politici scadente, dobbiamo dare la colpa a noi stessi, che li abbiamo votati, più e prima che agli eletti. Prima di lanciare l'ultima pietra contro l'ormai impotente Cuffaro, dovremmo fare un buon esame di coscienza. Ma é più facile colpire il caduto in disgrazia, piuttosto che riconoscere le nostre ataviche e perduranti colpe.
Bene hanno fatto, allora, i parlamentari regionali, compresa la nostra Antonella Milazzo, a votare contro un provvedimento che ha la pretesa di apparire come la panacea, ed invece nasconde il senso di frustrazione di ognuno dietro la cortina di un falso rispetto della Giustizia, che é solo auto assoluzione di se stessi.